top of page
Sempre Domenica201.jpg

CONTROCANTO COLLETTIVO

IMG_7552 (3).jpg

SEMPRE DOMENICA

Spettacolo vincitore InBox 2017

drammaturgia Collettivo Controcanto

ideazione e regia Clara Sancricca
con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti,

Simone Giustinelli, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero
organizzazione Gianni Parrella
uno spettacolo di Controcanto Collettivo
produzione Progetto Goldstein

Durata 85’
 

Sempre domenica è un lavoro sul lavoro.
È un lavoro sul tempo, l’energia e i sogni che il lavoro quotidianamente mangia, consuma, sottrae. Sul palco sei attori su sei sedie, che tessono insieme una trama di storie, che aprono squarci di esistenze incrociate. Sono vite affaccendate nei quotidiani affanni, vite che si arrovellano e intanto si consumano, che a tratti si ribellano eppure poi si arrendono, perché in questo carosello di moti e fallimenti è il lavoro a suonare la melodia più forte, quella dell’ineluttabile, dell’inevitabile, del così è sempre stato e del sempre così sarà. 
Sempre domenica è un coro di anime, una sinfonia di destini.
Ma è – soprattutto - un canto d’amore per gli esseri umani, per il nostro starcene qui frementi eppure inchiodati, nell’immobilità di una condizione che una tenace ideologia ci fa credere da secoli non tanto la migliore, quanto l’unica – davvero? – possibile.

Settanta volte sette

Spettacolo vincitore I Teatri del Sacro 2019

drammaturgia originale Controcanto Collettivo
ideazione e regia Clara Sancricca
con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio, Martina Giovanetti,

Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, Clara Sancricca
voce fuori campo Giorgio Stefanori
scenografia Controcanto Collettivo con Antonia D’Orsi
costumi Francesca Di Giuliano
disegno luci Cristiano Di Nicola
foto di scena Simone Galli | Atlas fotografie
organizzazione Gianni Parrella
uno spettacolo di Controcanto Collettivo
produzione di Progetto Goldstein

con il sostegno di Straligut Teatro, Murmuris, ACS – Abruzzo Circuito Spettacolo, Verdeco-
prente Re.Te. 2017

durata: 90 minuti

GABRIELE E CHRISTIAN.jpg

Settanta volte sette racconta la vita di due famiglie i cui destini s’incrociano in una sera. Racconta del rimorso che consuma, della rabbia che divora, del dolore che lascia fermi, del tempo che sembra scorrere invano. Eppure racconta anche la possibilità che il dolore inflitto e il dolore subito parlino una lingua comune, che l’empatia non sia solo un’iperbole astratta e che l’essere umano, che conosce il contagio del riso e del pianto, dietro la colpa possa ancora riconoscere l’uomo.

 

Note di regia
Con Settanta volte sette il nostro collettivo affronta il tema del perdono e della sua possibilità nelle relazioni umane. Nella sua gloriosa storia questo concetto ci sembra essere giunto ad un inglorioso epilogo, che lo vede soccombere alla logica - attualmente vincente della vendetta. Un tempo ritenuto il punto di arrivo di un percorso destinato a pochi spiriti eletti, appare oggi, nell'opinione comune, come il rifugio dei più codardi e la scappatoia dei meno arditi, in una società che riconosce e accorda alla vendetta il primato nella risoluzione dei torti e dei conflitti. Chi perdona sembra sminuire il torto, giustificare l’offesa, mancare di rispetto alla vittima, farsi complice del colpevole. 
Eppure il perdono protesta per innescare pensieri diversi, per aprire a logiche nuove; protesta contro l’assunto che al male vada restituito il male. Ci ricorda che dentro la ferita, dentro la memoria del male subito e al di là di ogni convenienza, esiste la possibilità di un incontro. E che questa possibilità non ci sfida dall’alto dei cieli, ma è concreta, laica e umana. Clara Sancricca

Salto di specie (1).jpg

Salto di Specie

drammaturgia Contrcocanto Collettivo
ideazione e regia Clara Sancricca
con Federico Cianciaruso, Riccardo Finocchio,

Martina Giovanetti, Andrea Mammarella, Emanuele Pilonero, Clara Sancricca
scenografia Michelle Paoli
disegno luci Martin Emanuel Palma
costumi Rebecca Valloggia
foto di scena Simone Galli
organizzazione Gianni Parrella
produzione Controcanto Collettivo / Progetto Goldstein
progetto vincitore del bando Toscana Terra Accogliente a cura di RAT (Residenze Artistiche della
Toscana) in collaborazione con Teatro Metastasio di Prato, Fondazione Toscana Spettacolo e
Centro di Produzione della Danza Virgilio Sieni
residenze artistiche presso Catalyst, Giallo Mare Minimal Teatro,
Murmuris, Teatrino dei Fondi,,
Teatro Popolare d’Arte

Salto di specie è un’indagine sul tema dell’empatia tra esseri viventi e sui meccanismi che ne favoriscono o ne arrestano il flusso. La relazione tra uomo e animale nella nostra porzione di mondo vive in certo senso di un paradosso: al rapporto stretto e quasi filiale che spesso l’uomo instaura con alcune specie animali fa da contrappunto lo sfruttamento indiscriminato e indifferente che riserva ad altre. Cosa impedisce all’empatia di propagarsi? Come si costruisce e come si abbatte l’argine che la confina?

 

Note di regia
Noi esseri umani siamo al vertice del creato, là dove ci hanno messo i greci e inchiodato i cristiani. Dal nostro trono di superiorità intellettuale e adattiva abbiamo imparato a servirci del resto minerale vegetale o animale che fosse – a nostra discrezione, senz’altro limite che quello della nostra convenienza. Eppure nei secoli, e più forte negli ultimi, abbiamo imparato anche l’amore per alcune creature non umane, ammettendole nella sfera della nostra cura, attenzione e compassione. Le abbiamo accolte nelle nostre case, integrate nelle nostre vite, annoverate tra i nostri affetti. Alcune, però. Non tutte. L’orizzonte della nostra empatia abbraccia ciò che ci è vicino, ciò che ci è visibile e soprattutto ciò che ne è ritenuto degno. Ma i confini di questa dignità sono tracciati con un righello ambiguo e spietato; un criterio di utilità, di gusto e persino di capriccio, che ci piace e ci serve chiamare - alternativamente – natura o cultura. Così l’armatura del nostro sguardo separa le sofferenze animali degne della nostra compassione da quelle che ne sono indegne, fa che essa si dispieghi copiosa dove la crediamo coerente e rimbalzi senza rumore contro gli argini che le abbiamo costruito, oltre i quali la pietà si fa inopportuna, un po’ patetica e spesso risibile. Ma se per un palpito, o anche solo per accidente, qualcosa ci disarmasse lo sguardo e se lo sguardo disarmato tornasse più libero di vedere, al di fuori, al di sopra, al di sotto delle categorie con cui abbiamo imparato a conoscere le cose e persino ad amarle, allora magari i tracciati potrebbero confondersi, le gerarchie saltare e potrebbe aprirsi uno spazio dove niente sia valido se non la misura del dolore. Clara Sancricca

photo_2022-05-03_10-27-26.jpg
bottom of page